Numismatica

La straordinaria medaglia napoletana del 1735

in omaggio a Giuseppe Carillo de Albornoz y Montiel, duca di Montemar

a cura di Francesco di Rauso

 

Straordinaria medaglia del diametro di mm 91 in bronzo del 1735 - omaggio a José Carillo de Albornoz duca di Montemar  (collezione Francesco di Rauso, Caserta) clicca sull'immagine per  ingrandire

 

La medaglia qui illustrata è tra le prime del Regno delle Due Sicilie durante il periodo borbonico (1734-1861), venne fusa per immortalare Giuseppe Carillo de Albornoz y Montiel duca di Montemar che ebbe un ruolo fondamentale nella storia dell’Antico Regno.

Il bando del Duca di Montemar, 1735

Verso il terzo decennio del ‘700 Filippo V di Spagna era alleato della Francia, tramite la quadruplice alleanza. Tra i suoi obbiettivi, vi era quello di rientrare in possesso del Sud Italia, strappato alla Spagna dagli Austriaci nel 1707. Per la riconquista e conseguente spedizione d’Italia, fu incaricato il generale Giuseppe Carillo de Albornoz y Montiel conte di Montemar (1671-1747), capitano generale degli eserciti di Sua Maestà il Re di Spagna, in qualità di viceré e capitano generale del Regno di Sicilia, per conto di Carlo, duca di parma e figlio di Filippo V e della regina Elisabetta Farnese. L’esercito spagnolo sbarcò prima a Genova e successivamente si unì in Toscana alle truppe del giovane Carlo.

Questo poderoso esercito (composto da 40.000 uomini) attraversò lo Stato Pontificio e poi il Regno di Napoli, senza trovare opposizione, ed entrò il 10 maggio 1734 a Napoli. Il 3 luglio del 1735 fu incoronato nella cattedrale di Palermo re di entrambe (utriusque) le Sicilie.

Gli Austriaci, dopo aver abbandonato la città di Napoli, si erano diretti verso Bari dove si erano congiunti con l’armata imperiale guidata dal conte Taun, che dalla Sicilia era sbarcata a Taranto. Nel consiglio di guerra tenutosi nel Castello di Bari, gli Austriaci avevano in un primo momento progettato di preparare la difesa davanti alle mura della città, ma l’idea era stata accantonata poiché, in caso di sconfitta, non ci sarebbe stato spazio per la ritirata. Fu deciso pertanto di affrontare gli Spagnoli presso Bitonto, che disponeva di difese naturali; l’esercito si era quindi attestato a nove miglia dalla città, verso Terlizzi. La città di Bitonto si era schierata con gli Austriaci, concedendo la basilica di San Francesco della Scarpa come ospedale. I primi scontri si ebbero nella notte del 24 maggio ma subito interrotti da un violento temporale. All’alba del 25 maggio gli eserciti erano schierati e pronti per la battaglia: 14.000 Spagnoli contro 10.000 Austriaci.

La battaglia, dopo un inizio incerto, fu favorevole agli Spagnoli, che conquistarono 15 bandiere, 24 stendardi, 23 cannoni, armi, munizioni ed equipaggiamenti e fecero migliaia di prigionieri (non a caso, infatti, troviamo raffigurati questi ultimi raffigurati sul rovescio della medaglia in questione, ai piedi della vittoria alata, stanti, quasi sicuramente, a simboleggiare il bottino di guerra di quella battaglia). Il giorno successivo, i soldati austriaci asserragliati a Bitonto si arresero e si consegnarono come prigionieri agli Spagnoli. Il duca di Montemar, per punire la città di Bitonto dell'aiuto dato al nemico, avrebbe inteso darla al saccheggio, ma desistette a seguito della visione della Vergine Maria, miracolosamente apparsa ai suoi occhi. La città fu così risparmiata. I bitontini, a ricordo dell’evento ritenuto miracoloso, eressero un arco di trionfo dedicato all’Immacolata.

Anche il Consiglio cittadino di Bari decise di consegnare la città agli Spagnoli. In rapida successione tutte le guarnigioni austriache di stanza nelle altre città del sud Italia si arresero all’esercito spagnolo.

Dopo la conquista, Carlo divenne sovrano di due stati formalmente tra di loro indipendenti ed il suo titolo dinastico era quello di re delle due Sicilie, o meglio come si legge nei decreti legislativi, re dell’una e dell’altra Sicilia, della “Sicilia al di qua e della Sicilia al di la del Faro”, in virtù della cessione fattagli dei diritti della casa di Spagna sui regni di Napoli e di Sicilia.

Carlo nominò il duca di Montemar comandante perpetuo di Castelnuovo in Napoli e duca di Bitonto, facendo erigere sul luogo del campo di battaglia un obelisco in memoria dell’evento.

L'Obelisco Carolino a Bitonto

Le due Sicilie ritornarono ad essere terre libere ed indipendenti dopo 230 anni di spietato sfruttamento coloniale. Il possesso dei sopraccennati regni, inoltre, fu riconosciuto al giovane sovrano nel trattato di pace che pose fine alla Guerra di Successione Polacca nel 1738.

Questa eccezionale medaglia fu un omaggio al duca di Montemar, conduttore dell’impresa, come ringraziamento per il regno “recuperato”.

Essa venne creata con la tecnica della “fusione a conchiglia” che consisteva nel colare il bronzo fuso nello stampo (luto o sabbie refrattarie). Si procedeva poi al comprimere il modello fra due valve ripiene di materiali refrattari con l’aggiunta di due canali, uno per la colta del bronzo e l’altro per lo sfiato dell’aria. Va aggiunto poi che questa conchiglia sospesa a delle corde veniva fatta girare vertiginosamente come una centrifuga per allontanare l’aria nello stampo dopo la colata. Una volta raffreddatasi la medaglia si procedeva nell’aprire le due valve ed estrarre la medaglia fusa in bronzo e si passava alla seconda operazione di cesello e di bulino e quindi alla patina che veniva generalmente data con procedimenti strettamente segreti e personali. Ecco alla luce una vera opera d’arte del diametro di ben 91 mm e, in questo caso, del peso di 218,00 grammi (le medaglie borboniche infatti, non sempre avevano lo stesso peso, in quanto non venivano seguite regole prefissate).

Al dritto

IOS . CARILLO . DE . ALBORNOZ . DUX . DE . MONTEMAR

Busto del duca a destra, indossa, la parrucca, il manto e la corazza con Egida, sul petto campeggia l’insegna dell’ordine del Toson d’Oro.

Sotto la troncatura del busto: AN . MDCCXXXV

Al rovescio

RECUPERATIS

la vittoria alata con la corona di Spagna e delle Due Sicilie nella mano destra e quella di Milano nella sinistra, stante sopra un trofeo di armi dove sono raffigurati il cavallo rampante di Napoli e l’aquila di Palermo.

La medaglia, data la straordinaria bellezza, è stata attribuita al grande artista toscano Massimiliano Soldani-Benzi (1656-1740) già “ufficialmente” autore di tante altre medaglie barocche di grande pregio presenti oggi nel medagliere del museo del Bargello di Firenze (queste ultime sono tipologicamente e stilisticamente molto simili alla medaglia in questione). Salvatore D’Auria però, nella sua nuovissima opera “Il Medagliere” sulle medaglie del Regno delle Due Sicilie, non avendo trovato, documenti ufficiali della zecca che attribuiscono la paternità alla medaglia sub judice, ha ritenuto opportuno non attribuirla. Essa è di grande fascino e di estrema rarità, così rara che era sconosciuta ad Eduardo Ricciardi nella sua omonima opera del 1930 ma scoperta ed inserita di seguito nel supplemento della stessa al numero 276 (1A). Gli esemplari che si conoscono sono pochissimi, conosco personalmente infatti, oltre all’esemplare fotografato su “Il Medagliere” al numero 4, un esemplare presente nel museo “Làzaro Galdiano” in Spagna, uno venduto nel 1992 nell’asta Christie’s ed uno presente nel museo del Bargello a Firenze inventariato al numero 7520 ed elencato nel Vannel Toderi al numero 73.

Aggiungo che al numero 63 di sopra-citata opera troviamo una medaglia datata 1711 del diametro di 89 mm. dedicata a Cosimo Serristori (Patrizio fiorentino, amante dello studio delle arti, devoto di S. Filippo Neri di cui in vecchiaia vestì l'abito talare), attribuita sempre al Soldani. Essa è di stile molto simile e con il rovescio in parte uguale a quella del Duca di Montemar (vedi immagine sottostante).

Francesco di Rauso

maggio 2008


  • L'autore ringrazia per la gentilissima collaborazione il dr. Salvatore D’Auria.

  • Questa medaglia sarà esposta nel 2009 a Lecce, nella mostra intitolata “L’Arte in Puglia dal Medioevo al Settecento”


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